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Guan Yu, il mito - Parte seconda

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Pagina pubblicata in data 1 maggio 2023
Aggiornata il 3 maggio 2023

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In questo articolo prosegue il viaggio iniziato con l’articolo "Guan Yu – Il mito" apparso nel precedente numero di Spiralis Mirabilis. Un approfondimento dedicato alla figura di 關羽 guān yǔ, una delle figure più famose della cultura popolare e religiosa cinese.

Nel 2008 molte agiografie dedicate alla figura di 關羽 guān yǔ sono state ristampate per la realizzazione della mastodontica opera, costituita da quarantatré volumi realizzati in carta dorata, intitolata 關帝文化集團 guān dì wénhuà jíchéng.

Unico limite di quest’opera è che non è stata dotata di nessun tipo di apparato critico, di nessuna analisi storica della sua figura. Ha però il merito di aver messo a disposizione del grande pubblico delle opere che altrimenti sarebbero rimaste conservate ancora a lungo negli archivi dei musei.

Il primo agiografo di 關羽 guān yǔ visse nella città di 當陽 dāng yáng intorno al 1306 d.C. Da questa agiografia emerge l’ammirazione dell’autore per la figura di 關羽 guān yǔ. Questa agiografia è di particolare interesse non solo perché è la prima (almeno fra quelle a noi pervenute), ma anche perché per la prima volta si cerca di distinguere la figura divina da quella storica.

L‘autore ha composto l’agiografia con lo specifico tentativo di separare la "verità" storica da un corpo molto ampio di narrazioni, di leggende, di folclore (oggi in gran parte perduto). Lo fece su sollecitazione di un magistrato locale che veniva dal nord della Cina e che voleva approfondire la realtà storica di 關羽 guān yǔ.

L’idea di una ricerca sistematica sulla storia di come si è sviluppato il culto di 關羽 guān yǔ in Cina si è sviluppata nel corso del ventesimo secolo, in Giappone, con lo studio "Kan U shibyô no yûrai narabi ni hen- sen", Shirin, vol. 26, nos 1 and 2 (1941) dello studioso Inoue Ishii.

Primo, e molto influente, studio divenuto un vero e proprio punto di riferimento per tutti gli studi compiuti successivamente. Lo studioso sostiene che il buddismo è stato un fattore importante, se non cruciale, nell’ascesa e nella diffusione del culto di 關公 guān gōng.

Ricordo, come sottolineato nella prima parte di questo articolo che, con il termine 關羽 guān yǔ mi riferisco alla figura storica, mentre con il termine 關公 guān gōng mi riferisco alla figura divina di questo incredibile personaggio.

Un prezioso lavoro è stato fatto dallo studioso giapponese Ōtsuka Hidetaka, il quale ha lavorato a lungo sulle rappresentazioni grafiche di 關羽 guān yǔ e di 關公 guān gōng, all’interno di differenti tradizioni narrative le cui conclusioni oggi sono citate in differenti volumi pubblicati, in particolare nell’articolo Violence Un-scrolled : Cultic and Ritual Emphases in Painting Guan Yu. In: Arts asiatiques, di Moore Olivier J.

Bisogna sottolineare come molti ricercatori, oggi, operano ancora sulla base del presupposto che il culto di 關羽 guān yǔ sia stato generato dalla tradizione narrativa contenuta nel 三國演義 sānguó yǎnyì (Romanzo dei Tre Regni). La ricerca storiografica, come testimoniato dall’attento lavoro svolto Barend J. ter Haar con il suo volume Guan Yu: The Religious Afterlife of a Failed Hero pubblicato dalla Oxford University Press nel dicembre 2017, ha dimostrato che il romanzo non ha svolto un ruolo così significativo nello sviluppo del culto di 關公 guān gōng.

Le fonti sul culto di 關公 guān gōng sono invariabilmente scritte da un punto di vista prettamente maschile e di una particolare classe sociale, per cui non è facile ottenere una prospettiva obiettiva sugli eventi.

Questi studi sono accomunati dalla convinzione che le fonti storiche convenzionali su 關羽 guān yǔ, così come le tradizioni letterarie vernacolari e il corpus di materiali più strettamente religiosi, formano un tutto indifferenziato. In altre parole, partono dal presupposto che lo studio della percezione storica della figura di 關羽 guān yǔ e la tradizione letteraria, contribuiscono indifferentemente alla comprensione del culto religioso di 關公 guān gōng.

Inoltre, c’è una forte tendenza a pensare che la popolarità del culto religioso derivi dalla popolarità della letteratura vernacolare, riflettendo due presupposti: primo, che la crescita del culto abbia seguito cronologicamente l’ascesa delle tradizioni vernacolari; e in secondo luogo, che le persone comuni erano ispirate (attraverso la lettura o altro) da questa tradizione vernacolare.

La realtà della Cina antica era molto differente da questa descrizione un po’ “ingenua”. La lingua vernacolare di queste tradizioni non era accessibile a tutti i cinesi. Anche se il culto di 關公 guān gōng era particolarmente popolare nel nord della Cina, dove si parlavano varianti linguistiche ancora relativamente simili, questo non implica che queste tradizioni letterarie fossero così diffuse fra gli strati più bassi della popolazione.

La maggior parte delle persone nella Cina antica non era in grado né di leggere né di scrivere. Chi era in grado di leggere generalmente maneggiava documenti legati alla vita quotidiana. Atti legati alla burocrazia dello Stato.

Erano pochi coloro che si potevano permettere il lusso di “leggere per piacere”. La rilevanza delle tradizioni storiche e letterarie non può, quindi, essere considerata quel fattore in un’ampia fascia della popolazione che ha permesso la diffusione di un culto religioso nei confronti di 關公 guān gōng.

Un tema importante su cui soffermarsi è l’idea che 關公 guān gōng fosse una divinità legata al concetto di “guerra”.

Come vedremo più avanti, questo concetto, che è più un’etichetta "occidentale" che si è iniziata ad utilizzare a partire dall’Ottocento, contribuisce ad una visione "distorta" delle ragioni storiche che hanno portato alla diffusione del culto di 關公 guān gōng.

Questa etichetta deriva da una non completa comprensione del carattere . Carattere che riflette la capacità di usare la “violenza” si, ma con una connotazione positiva. L’equivalente negativo, infatti, nella lingua cinese esiste ed è rappresentato dal carattere bào, che significa applicare la forza, la violenza per un fine negativo.

Per comprendere la figura di 關羽 guān yǔ è importante prendere atto che il modo in cui valutiamo il concetto di “violenza” è soggettivo.

Nel contesto della cultura cinese tradizionale, la violenza può assumere sia una connotazione positiva che negativa bào.

Di conseguenza, è necessario comprendere che nella cultura tradizionale cinese, il concetto di "violenza", di "guerra", applicato a 關公 guān gōng, è riferito alla sua attività di combattere le forze "demoniache", quello che noi definiremmo in occidente il "male".

Barbari ribelli, banditi, demoni. Questi sono i nemici a cui 關公 guān gōng fa la così detta guerra. Ecco perché attribuire a 關公 guān gōng un attributo di “dio della guerra” o “divinità della guerra” non è del tutto corretto. Almeno nel senso che noi occidentali oggi diamo al termine guerra.

La figura di 關公 guān gōng è, quindi, associabile a quella che svolgono oggi le figure tanto amate dei supereroi dei fumetti. Figure positive che usano si la “violenza” ma per un fine di bene, e che per definizione ripudiano il concetto di “guerra”.

Questo aspetto della figura di 關公 guān gōng è molto importante. È questa sua caratteristica a svolgere un ruolo molto importante nel processo di divinizzazione della figura di 關公 guān gōng.

Non a caso sono le storie del folclore cinese (conosciute in lingua cinese con il nome di 民間故事 mín jiān gù shi), trasmesse oralmente (e non in forma scritta) di generazione in generazione che contribuiscono a diffondere il suo culto.

Alcune di queste storie, ad esempio, raccontano di come 關羽 guān yǔ fosse un drago portatore di pioggia, che si incarnò in un uomo dopo che fu prematuramente ucciso (uno spirito benevole portatore di vita, la pioggia, che muore e si fa carne... una tradizione sicuramente famigliare alla cultura occidentale).

Si tratta generalmente di storie che riflettono credenze locali, sulla figura di 關公 guān gōng, incentrate nella gran parte dei casi sulla sua compassione per i ceti più poveri della società cinese antica.

Indirettamente, queste storie, ci raccontano delle ansie e dei desideri delle persone del popolo cinese, di quelle classi sociali che non conoscevano certo agi e comodità. Divenendo una sorta di finestra sulla società di quei tempi.

Assieme alle storie del folclore, anche i templi hanno contribuito alla creazione del culto di 關公 guān gōng.

Uno dei templi che più ha contribuito alla divinizzazione della figura di 關羽 guān yǔ è stato il monastero 玉泉 yùquán (letteralmente "monastero della primavera di giada"), che oggi si trova nella città di 當陽 dāng yáng nella provincia di 湖北 húběi che fu costruito nel 528 d.C. durante il regno dell’imperatore della dinastia Liáng.

Il contesto buddista del santuario, durante la dinastia táng ( 618 d.C. – 690 d.C), è stato un vero e proprio trampolino di lancio per la costruzione di una reputazione del culto di 關公 guān gōng, anche se non ci sono prove che il tempio abbia contribuito in modo significativo nella successiva diffusione del culto di 關公 guān gōng nel resto della Cina.

Importante fu anche il contesto daoista per il del culto di 關公 guān gōng durante la dinastia sòng (960 d.C. –1279 d.C), nel sud della Cina.

Bisogna osservare che i contesti religiosi buddisti e daoisti contribuirono alla divinizzazione della figura di 關羽 guān yǔ, e alla definizione del suo culto, ma la diffusione del culto, che avvenne prevalentemente nel nord della Cina, si verificò per ragioni che avevano poco a che fare con il contesto buddista o taoista, e che avevano ancor meno a che fare con l’esistenza di tradizioni narrative, come il romanzo dei Tre Regni, diffuse negli strati più elevati della società cinese.

Come scrivevo qualche riga sopra, la diffusione del culto della figura di 關公 guān gōng è molto probabile che sia dovuta alle storie del folclore che lo ritraevano come uno spirito "buono" pronto a proteggere dal male il popolo cinese.

È molto probabile che 關公 guān gōng inizialmente fosse una figura marziale, una sorta di “eroe-entità” immateriale. Come lo poteva essere per gli antichi greci la figura di Ercole nella mitologia greca, senza però avere una presenza fisica. Una sorta di entità, di spirito, capace di usare la propria forza per atti di “violenza buona” (cioè capace di mettere in atto il concetto espresso dal carattere piuttosto che quello espresso dal carattere bào) per proteggere il popolo, le classi più povere della società cinese, che per definizione stessa erano soggette ad angherie di ogni sorta.

Come ho scritto nella prima parte di questo articolo, 關羽 guān yǔ era stato giustiziato prima che il suo tempo mortale fosse giunto al termine, divenendo così un "fantasma" affamato di vendetta, in possesso ancora di un’energia vitale che gli permetteva di agire per conto di coloro che lo chiamavano in proprio soccorso. Come, del resto, avviene tutt’ora nei templi a lui dedicati in tutta la Cina continentale e a Taiwan.

Il contesto buddista e daoista, quindi, non fanno che "certificare" lo status di 關公 guān gōng di entità capace di proteggere il popolo, e da qui ad acquisire lo status di divinità il passo è stato davvero breve.

Durante il sedicesimo secolo la figura di 關公 guān gōng inizia ad evolvere. La diffusione e l’importanza del culto di 關公 guān gōng, portò la figura di quest’ultimo ad essere sempre più associata alla figura di una persona colta, simile ai letterati del tempo.

In poche parole, fino a quando il culto di 關公 guān gōng era circoscritto, la sua figura apparteneva al ceto più povero della popolazione, e di conseguenza ne ereditava le caratteristiche. Man mano che il culto si diffondeva, e raggiungeva di conseguenza anche i ceti più alti della società cinese, la classe degli abbienti se ne appropriò ritraendo la sua figura sempre più con caratteristiche meno “popolane”.

Fu così, ad esempio, prestata sempre più attenzione alla presunta capacità di 關羽 guān yǔ di leggere il 春秋左氏傳 chūnqiū zuǒ shì chuán (gli Annali del periodo della primavera e degli autunni di Zuo).

Verso la metà del diciassettesimo secolo la trasformazione fu completata.

In quel periodo, infatti, iniziò ad essere appellato con il titolo di 關夫子 guān fūzǐ, cioè di Maestro Guan, alla pari di 孔夫子 kǒng fūzǐ, cioè di Confucio. L’altro grande maestro esperto degli Annali e figura fondamentale della cultura antica cinese.

Il divenire un "letterato" fece sì che la figura divina di 關公 guān gōng assunse un ruolo sempre più frequente di tutore morale. La sua prestazione di protezione presupponeva sempre, o meglio si credeva presupponesse, un corretto comportamento morale da parte del fedele.

L’ascesa della figura divina di 關公 guān gōng non si limita a questo. Nel corso del tempo diventerà l’unica figura all’interno del pantheon delle divinità cinesi ad essere in grado di opporsi all’Imperatore di Giada. Alla fine del diciannovesimo secolo questa convinzione dette talmente tanta importanza alla figura di 關公 guān gōng da essere percepita come sostituta dello stesso Imperatore di Giada (la più alta divinità del pantheon cinese).

Come per ogni popolo antico, anche nella cultura cinese tradizionale la cultura religiosa permeava ogni ambito della vita quotidiana. Questo ha contribuito a plasmare per 關公 guān gōng differenti identità in base alla località e/o alla regione.

Dopo il 1949, il contesto generale della vita religiosa nella Cina continentale è cambiato notevolmente. Non è affatto facile studiare cosa avvenne durante la repressione della vita religiosa negli anni successivi al 1949. Così come non è facile fare chiarezza di quello che avvenne subito dopo il 1976, con la “rinascita” di una sensibilità religiosa nella popolazione.

Quello che sappiamo è che la figura di 關羽 guān yǔ e di 關公 guān gōng hanno saputo superare quegli anni difficili, e che oggi il culto della figura di 關公 guān gōng continua ad essere molto diffuso nella popolazione cinese. Tanto da portare le autorità cinesi della provincia di 荊州 jīngzhōu a finanziare la costruzione di una statua mastodontica che lo ritrae nelle fattezze del generale 關羽 guān yǔ, la cui costruzione è stata completata nel 2016 (e che poi è stata pure smontata poco dopo tempo).

Alta 58 metri, la scultura pesava 1.197 tonnellate ed è rivestita con 4000 fasce di bronzo. La figura si trova in cima a un piedistallo di 10 metri, che ricorda un’antica nave da guerra cinese. All’interno della base c'è un museo di 7.710 metri quadrati e un santuario dedicato a 關羽 guān yǔ. Il progetto è costato 1,5 miliardi di yuan (circa 215 milioni di euro), ed è stato ufficialmente aperto al pubblico il 17 giugno 2016. Nel 2020 le autorità del Governo cinese hanno presentato diverse osservazioni critiche nei confronti della statua, che si è deciso di spostare in una località a circa 8 km dall’attuale collocazione.

Il testo di questo articolo come quello pubblicato nel precedente numero di Spiralis Mirabilis è tratto dallo studio del volume:
Guan Yu: The Religious Afterlife of a Failed Hero
di Barend J. ter Haar, pubblicato dalla Oxford University Press nel dicembre 2017.

Pratica la tua conoscenza.
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shíjiàn zhēnzhī

Francesco Russo

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BREVE PROFILO DELL'AUTORE
Francesco Russo, consulente di marketing, è specializzato in consulenze in materia di "economia della distrazione".

Nato e cresciuto a Venezia oggi vive in Riviera del Brenta. Ha praticato per molti anni kick boxing raggiungendo il grado di "cintura blu". Dopo delle brevi esperienze nel mondo del karate e del gong fu, ha iniziato a praticare Taiji Quan (太極拳tàijí quán).

Dopo alcuni anni di studio dello stile Yang (楊式yáng shì) ha scelto di studiare lo stile Chen (陳式chén shì).

Oggi studia, pratica ed insegna il Taiji Quan stile Chen (陳式太極拳Chén shì tàijí quán), il Qi Gong (氣功Qì gōng) e il DaoYin (導引dǎoyǐn) nella propria scuola di arti marziali tradizionali cinesi Drago Azzurro.

Per comprendere meglio l'arte marziale del Taiji Quan (太極拳tàijí quán) si è dedicato allo studio della lingua cinese (mandarino tradizionale) e dell'arte della calligrafia.

Nel 2021 decide di dare vita ad una rivista dedicata al Taiji Quan (太極拳tàijí quán), al Qi Gong (氣功Qì gōng) e alle arti marziali cinesi in generale, che fosse totalmente indipendente da qualsiasi scuola di arti marziali, con lo scopo di dare vita ad uno strumento di divulgazione della cultura delle arti marziali cinesi.

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